Francesca Santucci
ANNE FRANK
(1929- 1945)
(Francesca Santucci, "Donne
protagoniste",
IL FOGLIO, maggio 2004,,
estratto)
Anne Frank, israelita, di famiglia benestante,
nacque il 12 giugno 1929 a Francoforte, ma, a causa delle persecuzioni
naziste, nel 1933 fu costretta ad emigrare con la famiglia in Olanda, ad
Amsterdam, dove, nonostante la guerra, visse un’infanzia felice fino al
1942. Il 6 luglio di quell’anno Anne e la sua famiglia,
insieme ad altri quattro clandestini ebrei, per sottrarsi alla cattura da
parte dei nazisti furono costretti alla reclusione in una soffitta
nell'"Alloggio segreto", situato nello stabile di Prinsengracht al n. 263,
dove vissero fino al 4° agosto 1944, giorno in cui, dietro denuncia,
furono arrestati e deportati. Anne era una ragazzina matura, animata da una forza
morale superiore ai suoi anni, confortata da una speranza e da ideali
positivi, sognava di diventare giornalista e scrittrice, ma il suo sogno
s'infranse con l’arresto e la deportazione, prima nel campo di
concentramento di Auschwitz e poi a Bergen Belsen, sulla Lüneburger Heide,
dove giunse, insieme alla sorella Margot, alla fine dell’ottobre del 1942,
trasportata con un cosiddetto "convoglio di evacuazione". Ad Auschwitz Anne prese la scabbia e poco dopo si
ammalò anche Margot, perciò furono trasferite al Krafzebiok, la
zona riservato agli scabbiosi, dove la madre Edith le seguì.
"…le ragazze Frank avevano un brutto aspetto, con le
macchie e le vescicole della scabbia, naturalmente, dappertutto, sulle
mani e sulla pelle e li sopra ci mettevano un po' di pomata, ma per il
resto si poteva fare ben poco. (Ronnie Goldstein-Van Cleef)".1
Rimasero qui probabilmente fino al 28 ottobre 1944,
quando ormai imminente era la fine del dominio nazista, poi, separate
dalla madre, furono condotte a Bergen-Belsen. Questo campo di concentramento inizialmente era
considerato uno dei campi meno peggiori, perché non c'erano le camere a
gas e serviva da transito per gli ebrei destinati ad essere inviati in
Palestina, dopo lo scambio con gli ufficiali tedeschi prigionieri delle
forze alleate, però si trovava in un settore desertico e arido della landa
della Luneburg Heide, e vi si pativano ugualmente fame e freddo. Denutrite, debilitate, stanche, quando Anne e Margot
vi giunsero le baracche non erano ancora pronte, perciò furono costrette a
dormire al freddo e all’umidità, sotto una tenda che una notte si sfasciò
a causa della pioggia e della tempesta, ma poi vi fu il trasferimento
nelle baracche, e la situazione migliorò leggermente.
Ancora Anne e Margot avevano fiducia se, come
racconta una testimonianza: "…quelle due birichine e testarde» si davano da fare
molto, insieme ad altre donne e ragazze per aiutare un gruppo di bambini
alloggiati al blocco".(Janny)2.
Ed ancora:
"...non eravamo troppo lontane dal cosiddetto campo
libero. Non era permesso, ma lo facevano. Per avere del cibo e dei vestiti
da amici che speravano di trovare li al campo, Anne e Margot ci andavano
ed erano molto risolute. Credo che li incontrassero qualcuno che
conoscevano. Lo facevano e tornavano molto entusiaste se avevano un
pacchetto. (Rachel)".3
Poi fu la fine:
"A un certo punto, negli ultimi giorni, Anne stava
davanti a me avvolta in una coperta e non aveva più lacrime... E raccontò
che le bestioline nei vestiti la facevano rabbrividire e che per questo
aveva gettato via tutti i suoi abiti. Eravamo nel cuore dell'inverno...
Radunai tutto quello che potevo trovare per darlo a lei, affinché fosse di
nuovo vestita. E da mangiare neanche noi avevamo molto... ma ho cercato di
dare qualcosa della nostra razione di pane ad Anne".(Janny)
"Le ragazze Frank erano magrissime, avevano un
aspetto terribile. Bisticciavano a causa della loro malattia... Avevano i
posti peggiori della baracca, giù vicino alla porta» (Rachel).
4
La prima delle due sorelle a morire fu Margot, Anne
morì il giorno dopo, di tifo e di stenti, tra il febbraio ed il marzo del
1945. Il 12 aprile 1945 il campo fu liberato dalle truppe inglesi. In uno dei suoi quaderni un giorno Anne, quasi in
triste presagio di ciò che avrebbe dovuto affrontare nella sua vita, aveva
annotato in francese: "Soit gentil et tiens courage! "(Sii
gentile e abbi coraggio!). Rimase di lei (oltre ad alcuni graziosi racconti per
bambini: "Il saggio Mago e altri racconti"), il "Diario", ancor più
angoscioso di quello di un vero e proprio prigioniero, scritto nel periodo
di reclusione nella soffitta, dal 1942 al 1944, iniziato quando aveva solo
dodici anni, rinvenuto e pubblicato dopo la guerra (inizialmente con tagli
e ritocchi operati dal padre, che ne mutarono lo spirito, nonostante egli
sostenesse il contrario, poi pubblicato integralmente), che costituisce un
nobilissimo documento di umanità e di gentilezza, di bontà e di speranza,
sbocciato come un fiore nell’orrido panorama di violenza e di morte di
quei tempi angosciosi, che testimonia il suo percorso evolutivo di
ragazza, attraverso i pensieri, i sentimenti, le emozioni, le riflessioni
nell’ "Alloggio segreto", ma che è anche un atto d'accusa dell'adolescenza
innocente, colpevole solo di non essere di razza ariana, contro
l’hitleriana follia antisemita Nel “Diario”, Anne Frank finge
di rivolgersi a Kitty, un'immaginaria compagna di giochi e confidenze, in
realtà scrive per se stessa, senza minimamente pensare che un giorno il
mondo intero conoscerà quelle pagine come documento letterario di
eccezionale intensità: di qui la sincerità e la bellezza del racconto, che
si dispiega tra la vivacità delle impressioni e le fini intuizioni
psicologiche ma, soprattutto, sostenuto dalla sua ferma convinzione
dell’intima bontà dell'uomo, anche quando era più difficile credervi, da
intatta fiducia nel genere umano e speranza nell’avvenire, mantenute fino
alla fine dei suoi giorni. Al suo diario segreto, documento umano di alto
valore psicologico, morale e civile, ogni giorno, pur vivendo fra l’ansia
e il terrore, tremando ad ogni inconsueto rumore, paventando l'annuncio
della morte ritenuta ormai certa, Anne affidava le riflessioni, i
propositi, i sogni, le emozioni, i sentimenti, le idee, anche le
considerazioni sui rapporti conflittuali che univano la piccola comunità
segregata, e tutte le altre pulsioni che agitano qualunque ragazza nel
corso della sua evoluzione. Nel "Diario", in cui "partecipa al dolore di
milioni di uomini", evidente traspare la certezza di non essere una
creatura travolta da una misteriosa forza avversa, ma una vittima
sacrificata per alti ideali: l’affermazione di un'umanità più civile e più
buona e l'avvento di una società in cui regnino ordine, serenità e pace. Ed è proprio la parola "pace", così spesso ripetuta
in quelle pagine, che colpisce e commuove particolarmente, perché spicca
come un fiore immacolato sui rossi orrori dell'efferato periodo in cui Anne fu costretta a vivere e a morire.
Mercoledì, 10 marzo 1943
Cara Kitty,
ieri sera abbiamo avuto un corto circuito e poi
hanno sparato senza sosta. Non sono ancora riuscita a liberarmi dalla
paura degli spari e degli aerei, e quasi ogni notte vado nel letto di papà
per farmi consolare. Forse sarà un comportamento molto infantile, ma
dovresti vedere! Non senti neanche quello che dici, tanto tuonano i
cannoni! Mrs. Beaverbrook, la fatalista,si è messa subito a frignare e ha
detto con una nocetta impaurita: « Oh, che sgradevole, oh, quanto
sparano!! » che in verità vuol dire: ho una paura tremenda . Al lume di candela non sembrava così grave come poi
al buio. Tremavo come se avessi la febbre e ho implorato papà di
riaccendere la candela. Ma è stato irremovibile, la candela è rimasta
spenta. D’un tratto sentiamo il fuoco delle mitragliatrici, che sono
ancora dieci volte peggio dei cannoni...
Tua Anne
Venerdì 24 dicembre 1943
Quando penso a
come ce la caviamo bene qui e mi paragono ad altri bambini ebrei e " zu
Tode betrüht " per esempio dopo che è stata qui la signora Kleiman e ha
raccontato di Jopie che gioca a hochey, fa canottaggio, va al teatro e
prende il tè con gli amici. Non penso di essere gelosa di Jopie, ma avverto il
forte desiderio di divertirmi una volta anch'io, e di ridere fino a farmi
venire il mal di pancia. Soprattutto adesso in inverno, nei giorni di
vacanza di Natale e Capodanno, ce ne stiamo qui come poveri emarginati.
Però non dovrei scrivere queste cose, perché rischio di sembrare ingrata,
ma non posso neppure tenermi tutto dentro, e richiamo le parole con cui ho
incominciato: "la carta è paziente". Quando qualcuno arriva da fuori coi vestiti intrisi
di vento e il viso fresco vorrei cacciare la testa sotto le coperte per
non pensarci. Quando ci sarà concesso di tornare a respirare aria fresca?
E visto che non posso nascondermi sotto le coperte, ma devo invece restare
salda, i pensieri vengono, non una, ma molte, innumerevoli volte. Credimi, quando te ne stai rinchiuso per un anno e mezzo, a volte
sei proprio stufo. Lasciamo perdere un momento la giustizia e
l'ingratitudine: i sentimenti non si possono mettere da parte. Andare in
bicicletta, ballare, fischiettare, osservare il mondo, sentirmi giovane,
sapere di essere libera, ecco che cosa vorrei, eppure non posso darlo a
vedere, perché pensa un po' se tutti e otto cominciassimo a lamentarci e
diventassimo insofferenti, dove andremmo a finire? A volte penso: qualcuno
qui dentro mi capirà? Saprà vedere al di là
dell'ingratitudine,
dell'essere ebrei o meno, e considerarmi solo per la ragazzina che sono,
che ha tanto bisogno di divertirsi? Non lo so e non potrei nemmeno
parlarne con qualcuno, perché sono sicura che mi metterei a piangere. Il
pianto alleggerisce, quando si ha una persona a cui piangere sulla spalla.
...Ma ora basta. Prima ero " zu Tode betrüht ", ma scrivendo mi è un po'
passato!
Carissima Kitty, come ti ho già scritto più volte, qui tutti abbiamo
problemi di umore e, soprattutto per quanto mi riguarda, temo che questo
tormento negli ultimi tempi sia molto peggiorato. Himmelhoch jauchzend, zu
Tode betrüht6, mi sembra un verso che si adatta bene. Sono "himmelhoch
jauchzend".
Tua Anne
Lunedì 27 dicembre 1943
Cara Kitty,
venerdì sera, per la prima volta nella mia vita, ho
ricevuto un regalo di Natale. Le figlie di Kleiman e di Kluger avevano di
nuovo preparato una bellissima sorpresa. Miep ha fatto una bellissima torta su cui ha scritto
"pace 1944", Bep ha procurato mezzo chilo di biscotti di qualità
prebellica. Per Peter, Margot e per me c'era un barattolino di
yogurth e per gli adulti una birra a testa. Tutto era impacchettato
benissimo come di consueto e sui pacchetti c'erano scritti i nomi. Per il
resto i giorni di Natale sono passati in fretta.
Anne
Giovedì, 15 giugno 1944
Cara Kitty,
…Sarà perché non metto il naso fuori da tanto tempo,
che tutto quello che riguarda la natura mi fa impazzire? Ricordo benissimo
che prima un cielo azzurro limpido, un cinguettio d'uccelli, il chiaro di
luna e i fiori non riuscivano a mantenere a lungo il mio interesse. Qui è
cambiato, a Pentecoste per esempio, quando faceva cosi caldo, mi sono
sforzata di tenere gli occhi aperti fino alle undici e mezzo di sera per
poter guardare bene e da sola la luna dalla finestra. Purtroppo i miei
sforzi sono stati inutili, dato che la luna era troppo luminosa e non si
poteva rischiare di aprire la finestra. Un'altra volta, sempre diversi
mesi fa, per caso ero di sopra una sera che la finestra era aperta. Non
sono tornata giù prima che finisse l'ora d'aria. La serata scura e
piovosa, il vento e le nubi che si rincorrevano mi tenevano prigioniera;
per la prima volta dopo un anno e mezzo avevo rivisto dal vivo la notte.
Dopo quella sera il desiderio di rivederla ancora una volta è diventato
più grande della paura dei ladri, dei ratti al buio o degli assalti.
Andavo giù sola soletta a guardare dalla finestra dell'ufficio privato e
della cucina. Molte persone amano la natura, molti dormono anche
all'aperto o, chiusi in prigione o in ospedale, desiderano rivedere la
luce del giorno, tornare a godere liberamente della natura, ma pochi sono
cosi isolati da quello che è uguale per i ricchi e per i poveri…
Tua Anne M. Frank
Sabato, 15 luglio 1944
Cara Kitty,
…è molto strano che io non abbia abbandonato tutti i
miei sogni perché sembrano assurdi e irrealizzabili. Invece me li tengo
stretti, nonostante tutto, perché credo tuttora nell'intima bontà
dell'uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della
morte, della miseria e della confusione. Vedo che il mondo lentamente si
trasforma in un deserto,sento sempre più forte il rombo che si avvicina,
che ucciderà anche noi, sono partecipe del dolore di milioni di uomini,
eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto tornerà a volgersi
nuovamente al bene, che anche questa durezza spietata finirà, e che nel
mondo torneranno tranquillità e pace…
Tua Anne M. Frank
1) Anne Frank, Diario, Einaudi, Torino, 1993.
2) op. cit.
3) op. cit.
4) op. cit.
5) op. cit.
6) "Osannante di gioia, mortalmente triste", da "Egmont"
di J. W. von Goethe.
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