La pittrice Angelica Kauffman Born nacque
a Coire, nel cantone di Grisons, in Svizzera, il 30 ottobre del 1741.
Allieva di suo padre, Johann Joseph, un pittore
di talento mediocre che, tuttavia, impartì alla figlia le conoscenze
fondamentali per l'uso dei colori, Angelica mostrò contemporaneamente
grandi attitudini sia per la musica sia per il canto, per questo fu
spesso esortata a smettere di dipingere e a dedicarsi esclusivamente alla
musica, ma invano.
In giovane età cominciò a viaggiare in
compagnia del padre, approdando anche in Italia, visitando Parma,
Firenze, Venezia e Roma, dove molto apprezzato fu il suo talento.
Nel 1766 si recò a Londra ed anche qui suscitò molta ammirazione sia per le sue
doti artistiche, sia per la piacevolezza dell'aspetto fisico, sia per
l'intelligenza e la vivacità del carattere e, affascinati, cantarono
di lei persino Gessner e Klopstock.
Angelica dipinse molti ritratti e
scene mitologiche, come La madre dei Gracchi, Il sacrificio di Messalina, L'incontro di Edgar ed
Elfrida e Amore e Psiche, e collaborò con
i noti architetti Adam, eseguendo dipinti decorativi di pregevole fattura;
fu, inoltre, insieme a Mary Moser, l'unica donna membro fondatore della Royal
Academy.
Anche il presidente della Royal Academy, il
pittore Joshua Reynolds, le accordò un ricevimento molto lusinghiero e
concepì per lei una grande passione, ma la pittrice
non ricambiò il suo sentimento e, alla morte del marito, si risposò col
collega veneziano Antonio Zucchi, insieme al quale, dopo una permanenza a
Venezia ed una visita a Napoli, si stabilì definitivamente a Roma.
Angelica aprì il suo salotto ai personaggi più illustri del tempo,
accolse persino Goethe che parlò di lei nel suo Viaggio in
Italia, continuando sempre a dipingere, soprattutto ritratti, ai quali
imprimeva il suo personale tocco ricco di grazia, e
dipinse anche per l'imperatore Giuseppe II, Il ritorno di Arminius vittorioso sulle legioni di Varus
e Enea che celebra i
riti funebri di Pallade.
Negli ultimi anni della sua vita fu molto provata dai rovesci di
fortuna e dalla morte del marito, avvenuta nel 1795, al
quale sopravvisse, struggendosi di dolore, ancora per dodici anni.
Morì a
Roma il 5 novembre del 1807 e fu seppellita
nella chiesa di S. Andrea delle Frate.
Tempo addietro aveva scritto ad un
amico:
La povertà non mi
spaventa, ma la solitudine mi uccide.
Francesca Santucci