Francesca Santucci
Amore e Psiche
Al più
grande scrittore latino del II secolo, Apuleio, si deve l’unica
testimonianza di romanzo latino che noi possediamo: Le Metamorfosi o l’Asino d’oro.
In questo romanzo autobiografico in undici libri, derivante da un modello greco,
Lucio, il protagonista, narra in prima persona le sue trasformazioni in asino
per effetto di un unguento magico; dopo una serie di peripezie, per volontà
della dea Iside, riconquista la forma umana mangiando un cespo di rose.
Nella trama principale Apuleio inserisce molti racconti, novelle popolaresche e
favole, tra cui la più bella è quella di Amore e Psiche. Il racconto allude ai
riti dei misteri di Iside e già il nome della protagonista, Psiche, termine che
in greco significa "anima", allude al significato mistico della
storia, ma vi sono poi tutta una serie di prove a cui dovrà sottoporsi che
stanno a significare l’iniziazione ai misteri.
Psiche, bella figlia di re, suscita l’invidia di Venere che manda da lei suo
figlio Amore perché la faccia innamorare dell’uomo più brutto della terra,
ma è il dio ad innamorarsene perdutamente e, con l’aiuto di Zefiro, magicamente la
fa approdare nel suo palazzo incantato e la fa sua. Da allora ogni notte si
unisce a lei, ma solo al buio e avendo cura di nascondere bene il suo volto nell’ombra.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, illumina con la lucerna il bel volto
di Amore restandone affascinata, però una goccia d’olio cade dalla lampada
ustionando lo sposo: il dio se ne va e Venere, adirata, sottopone Psiche ad una
serie di prove durissime finché Giove, mosso a compassione, fa in modo che gli
sposi possano ricongiungersi. Psiche viene assunta come dea fra gli dei dell’Olimpo
e diviene sposa d’Amore.
Molti studiosi hanno rilevato che nelle Metamorfosi la trasformazione di Lucio
in asino prefigura la situazione dell’anima prima dell’adesione ai misteri,
mentre le avventure ed i pericoli a cui è sottoposto stanno simbolicamente a
rappresentare le prove attraverso le quali il neofita raggiunge la salvezza.
Parimenti la favola di Amore e Psiche, la più lunga digressione del romanzo,
che addirittura occupa due libri, ha un significato allegorico: Eros, l’amore,
unendosi a Psiche, l’anima, le dona l’immortalità ma Psiche, per conseguire
l’immortalità, deve affrontare innumerevoli peripezie, scendere addirittura
fino all’inferno per purificarsi, giacché l’uomo che precipita nell’abiezione
si salva solo con l’aiuto della provvidenza divina, e la natura umana viene
redenta dall’amore divino attraverso l’iniziazione ai misteri.
Nella novella, come in tutta l’opera di Apuleio, confluisce l’influenza dei
culti iniziatici e dei misteri di origine orientale tanto diffusi all’epoca,
tuttavia, pur se filtrata simbolicamente attraverso il significato filosofico,
alimentato dalla mitologia ellenistica e dall’allegoria, in essa sono evidenti
l’aspetto della novellistica popolare e la matrice popolaresca, con tutti gli
elementi tipici della fiaba: ci sono il re e la regina, la bella principessa e
lo sposo invisibile, il palazzo incantato e le sorelle cattive, l’eroina che
infrange il divieto, le disavventure, gli ostacoli da superare, l’aiuto delle
forze "amiche" e infine la felicità finale con l’appagamento dei
desideri.
Amore e Psiche, secondo la considerazione di Apuleio bella fabella, può
dunque essere letta come una bella fiaba che inizia proprio come tutte le fiabe
popolari:Erant in quadam civitate rex et regina.Hi tres
numero filias forma conspicua habuere…(C’erano una volta in una città
un re e una regina che avevano tre belle figlie…")
Francesca Santucci
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