Il pianoforte
Ho comprato un pianoforte,
bianco e con i tasti neri,
ho sistemato sulla coda un vaso
di cristalli, e
delle rose;
poi ho convinto la luna a
scendere dal cielo,
e parlato con una stella,
affinché si tramutasse in
fiamma.
Ho parlato con il tuo cuore,
dopo,
a cena, mentre tu suonavi,
ed io immobile ascoltavo,
quella melodia e il suo
splendore,
le tue mani delicate,
ad accarezzar i tasti e la mia
pelle.
Nel profumo della sala il mare
si cullava,
gli occhi tuoi di perla,
quel suono e l’incanto,
mentre tu suonavi,
io immobile t’accarezzavo.
Antonio Messina maggio 2005
Tienimi per mano
Madre mia,
come posso esser un uomo forte,
quando gli occhi vedono
brutture,
nel silenzio di una mossa,
affrettati.
Tienimi per mano,
son fanciullo ancora,
madre mia,
di questa terra,
come formica,
fuscello che traballa,
e cerco di camminare,
il vuoto intorno,
lanterne sulle strade.
Mi darai il tuo aiuto,
un bacio,
una carezza piena,
madre mia?
Come potrei affrontare questa
vita,
in solitudine,
mentre occhi scrutano,
dall’alto,
in quel cielo disperato,
fatalità,
nell’andare,
nel sognare e respirare,
nel decidere e perdonare,
in un gesto,
nell’amore,
per te e per ogni cosa.
Come potrei madre mia,
da lontano,
fiamme tremule,
nel tuo cimitero che io ignoro,
come se tu fossi ancora viva,
nel palpito,
in un sorriso,
pervasa,
di nebbie le colline intrise,
ed io vedo invece veli di
spose.
Dammi il tuo cuore, madre mia,
del timone,
della barca voglio navigare,
in un mare in tempesta,
luci tramortite,
luci che traballano,
luci che si spengono,
speranze in agonia.
Ci sarai ancora per me,
madre mia?
Ci sarai ad accarezzar il mio
cuore,
di frescura il cielo è colmo,
lo sento,
nel respiro che vaga,
nel battito che vacilla,
nei tuoi occhi,
da lontano intravedo la notte;
essa avanza tra sentieri,
di polvere noi saremo,
come polvere nati,
frammenti devastati,
nel cuore di un sogno,
noi ritorneremo ad illuderci:
ci sei ancora madre mia?
Ho sognato un mare nero,
poi mi sono illuso,
trasparenze sul pontile,
in un vento arcano che spirava
da ponente.
Vorrei cercare,
forza trovare,
in un delirio d’estasi e amore,
dietro un angolo,
nel mio tempo avaro,
respiro,
sospiro,
mentre le luna avanza,
due passi ed è già nel mio
cuore.
Verrò d’estate nel tuo
cimitero,
quando la gente sarà andata,
forse dopo mezzanotte,
quando la luna parlerà alle
stelle,
d’amore,
di sogni ed arte,
di tragedie e della vita,
di questa vita che non conosco,
che sale, e
poi scende la scale del tempo.
Verrò questa estate,
madre mia,
e tu ci sarai,
tu vedrai i miei occhi
piangere,
nel volto il vuoto delle cose,
sabbia che sale,
polvere di stelle,
tutto è nulla, ma io sarà lì,
nel tuo cimitero,
a mezzanotte,
quando la luna parlerà,
con le stelle, e
tu ascolterai,
spero,
il mio pianto disperato.
Antonio Messina maggio 2005
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