Iginio Ugo Tarchetti e la  Scapigliatura

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Anche ad Alessandria Piazza Iginio Ugo Tarchetti...Next

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Salvatore Farina

(1846-1918)

 

 

Tra gli amici milanesi di Ugo, scrittori, giornalisti, letterati, con i quali aveva dato vita al cenacolo artistico- letterario che aveva come punto di ritrovo il numero 8 di via Fiori Chiari, c'era anche Salvatore Farina, conosciuto a San Salvatore Monferrato dove il padre del Farina, procuratore del re, si era trasferito con la famiglia, l'amico fraterno che non lo abbandonò mai più, tra le cui braccia morì,  e che così scrisse di lui:
Ebbe anima grande e sdegnosa, cuore splendidamente largo e generoso e attraversò la terra come un mendico...
Ma chi era Salvatore Farina?
Salvatore Farina, autore oggi praticamente sconosciuto,  fu uno scrittore che godette di larghissima popolarità. Nacque a Sorso, in provincia di Sassari, nel 1846, in una casa tuttora esistente sulla cui facciata, dal 1906, una lapide  ricorda ai posteri:"l'animo buono e la mente arguta e feconda" da cui egli trasse "la più squisita forma d'arte narrativa".
Trasferitasi la famiglia, dopo diverse peregrinazioni nella provincia di Sassari, in Piemonte, al seguito del padre, visse prima a Casalmonferrato,   dove si fece onore nell'esercizio assiduo del biliardo, della scherma e del nuoto, pittosto che negli studi, poi a Pavia, dove si laureò in legge nel 1868 con 169 voti su 170, infine a Torino.
Dopo il matrimonio con la "buona Cristina"si stabilì a Milano, e qui entrò in contatto con importanti nomi del panorama culturale lombardo, strinse amicizia con  personaggi come Verga, De Amicis, Giacosa, Tarchetti, cominciò a praticare attivamente l'esercizio letterario, come giornalista, romanziere di grande successo popolare ed editoriale, autore teatrale, collaboratore della rivista "Nuova antologia", e direttore della "Gazzetta musicale" e della "Rivista minima", e nel 1876 fu tra i promotori della fondazione del  "Corriere della Sera".
Morì a Milano il 15 dicembre del 1918, mentre l'Italia festeggiava la fine della guerra, e fu sepolto nel Cimitero Monumentale; sulla sua tomba fu incisa  l'epigrafe da lui stesso dettata in vita:
Salvatore Farina nel giorno X del MDCCCXLVI accese in terra un'umile sua fiammella per illuminare il suo bene ed amarlo, la spense per meglio sognarlo, aspettando la luce nuova, invoca sacro silenzio dagli amici, ridesto per le infinite vie a ricercare altro bene amandolo sempre.
 Fra i suoi romanzi più famosi si ricordano: "Cuore e blasone", "Due amori", "Il tesoro di Donnina", "Amore bendato", "Capelli Biondi", e la trilogia  "La mia giornata" ("Dall'alba al meriggio", del 1910, "Care ombre", del 1913, "Dal meriggio al tramonto", del 1915) , in cui molte pagine sono dedicate alla profonda amicizia che lo legò ad Ugo.
Opera autobiografica, nata con l'intento di racchiudere in un libro tutta la giornata d'una vita intera, raccoglie malinconicamente i ricordi personali dello scrittore, unico sopravvissuto del gruppo di amici di un tempo, al quale  non resta che rivivere in prosa semplice tutto il proprio dolore, ma è anche la testimonianza del clima culturale del tempo, della generazione di scrittori, artisti e musicisti che avevano animato la scapigliatura, che aveva frequentato ma dai quali, sia nei temi sia nell'espressione linguistica pure ne era stato lontano, a favore di una narrativa più "rosa" che lo aveva reso tanto caro al pubblico dell'epoca.

Francesca Santucci

 

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