|
L'
India delle donne
Ogni
giorno, almeno 17 ragazze vengono uccise per questione di dote Molte sono
stuprate, picchiate, private dei loro diritti fondamentali
di Sophie de Hérédia
Quando
si parla di India si pensa a un subcontinente immenso, splendido e ricco
di antiche tradizioni, ma anche di atroci ingiustizie, specie nei riguardi
delle donne. Ma chi la visita e si guarda intorno senza preconcetti,
scopre che le cose non stanno proprio così. O, per meglio dire, non solo
cosi. Bisogna per esempio prendere atto dell'esistenza di centinaia di
associazioni femminili che lottano con tutti i mezzi per la difesa (e in
molti casi la scoperta) dei diritti di metà della popolazione. Sono in
ogni villaggio, città, Stato. Le mantiene in vita il contributo
quotidiano di tutte le donne, e anche un discreto apporto del governo.
"Che fa molte cose" spiega Madha Jain, caporedattrice di India
Todcity (l'equivalente del nostro Panorama, n.d.t.) "anche se non
sempre si vede". Non
bisogna infatti dimenticare che quando si parla dell’India si parla di
900 milioni di abitanti, 25 Stati, 7 territori, 18 lingue ufficiali
e un'amministrazione ereditata dagli inglesi. E' inevitabile quindi che
qualsiasi contributo governativo passi attraverso gli innumerevoli
ministeri, sottoministeri, commissioni, programmi.
Le
donne che abbiamo intervistato per questa inchiesta non appartengono ad
alcun partito politico, ma rappresentano solo se stesse e le loro
associazioni. Ecco i problemi che cercano di risolvere.
La
dote
"Se
siete assillate da problemi di dote, telefonate a questo numero ".
L'anno scorso questo messaggio è stato stampato su milioni di
cartoni di latte. La
tradizione, infatti, vuole che si dotino le proprie figlie per compensare
il fatto che, alla morte del padre, non hanno diritto ad alcuna eredità
Ma oggi i suoceri sono diventati più esigenti che in passato e, non
contenti di estorcere il massimo in occasione del matrimonio, reclamano
continue aggiunte alla dote: la nascita del primo nipote e le varie
ricorrenze diventano un pretesto per esigere nuovi
regali.
Nelle famiglie più povere i genitori, spesso indebitati già
dall'organizzazione del matrimonio, arrivano ben presto a non poter fare
più fronte alle pressanti richieste. E
cosa succede quando un padre smette di pagare il suo "debito"
per la figlia? Semplice, i suoceri la uccidono. Solo così, infatti, il
figlio potrà risposarsi con una donna più ricca. Certo, sembra
incredibile, eppure ogni giorno 17 ragazze vengono uccise perché i loro
genitori non riescono più ad accontentare le richieste dei consuoceri. Si
dice anzi che il numero di ragazze assassinate sia anche più elevato, ma
è quasi impossibile stabilirlo con precisione dato che la maggior parte
dei delitti viene denunciata come "morte dovuta a incidenti
domestici" (una tecnica ben collaudata consiste nel cospargere di
benzina la giovane donna mentre è ai fornelli). L'associazione
Karnika è una fra le molte che combattono la tradizione della dote.
Innanzitutto ha chiesto che venissero cambiati i termini della legge del
1961 che, pur vietandola, la definisce ancora "ciò che viene dato e
richiesto in occasione del matrimonio", senza tenere conto dei
"regali" successivamente pretesi. C'è riuscita solo in parte.
Spiega Subhandra Butalia, presidentessa di Karnika: "Ci è stato
concesso che la legge precisi che è vietato tutto ciò che attiene il
matrimonio, prima e dopo, ma il legislatore si è affrettato ad
aggiungere: 'Permane l'accettazione dei regali tradizionali, oro, argento,
ecc...'. Subhandra si rende conto quindi che solo le donne stesse potranno
far sparire questa usanza. Come? Cominciando col comunicare con il
fidanzato che non hanno dote. Ma questo comporta acquisire una nuova
coscienza del proprio valore". E'
questo l'obiettivo, del resto fondamentale, da perseguire: e a questo
scopo l'associazione organizza incontri nei villaggi, dove un avvocato
chiarisce esattamente quali sono i loro diritti. Compito arduo, in quanto
questo problema (come tanti altri in India) affonda le radici in una
particolare mentalità vecchia di secoli. "Insomma è difficile far
accettare alle ragazze l'idea di rinunciare alla dote: allo
stato attuale la considerano pur sempre qualcosa che le valorizza.
E inoltre quando il padre regala un televisore, anche loro ne
approfittano". E le suocere? Non sono in
condizione di spezzare questa catena? "No", risponde Subhandra,
"è il maschio che comanda in tutte le famiglie indiane. E obbliga la
moglie a eseguire la sua sentenza, per disumana che sia".Ma
quando una ragazza si sente minacciata, non può rifugiarsi dai genitori?
"Se vogliono ospitarla", sospira Subhandra, "perché è
considerato uno scandalo che una figlia ritorni a casa". Restano
allora solo le associazioni come la Karnika. "Noi possiamo aiutarle
per qualche giorno, indirizzarle verso una famiglia. Ma tutto questo costa
molto e noi viviamo solo di contributi volontari".
La
legge
In
linea di principio,
la Costituzione indiana attama l'uguaglianza tra i
sessi, le caste e le religioni. Le indiane hanno addirittura acquisito
il diritto di voto prima di noi. "Ma", sottolinea Indira SingIi,
una delle più celebri avvocate indiane, "la maggior parte delle
leggi personali non favorisce le donne". Indira fa parte dell'Associazione delle donne avvocato: "No,
purtroppo, rappresenta solo il 10% della categoria e non siamo ben viste
dai giudici. Ma, nonostante la loro ostilità, non solo è aumentato il
numero delle denunce ma anche quello delle cause vinte. E' un'evoluzione
lenta, però irreversibile". Quali sono i punti su cui ancora
combattere dal punto di vista giuridico?
Primo tra tutti: il divorzio. In questo caso la moglie perde tuffo.
"Non esiste la separazione dei beni, nè l'assegno degli alimenti. E
la custodia dei figli viene sempre concessa al padre. A meno che la madre
non decida di combattere una lunga battaglia. E anche in caso di vittoria
otterrebbe l'affidamento dei figli solo fino ai 12 anni di età".
Inoltre, la custodia di un figlio non comporta la patria potestà, che
spetta invece al padre. Per ottenerla, la madre non si deve limitare a
dimostrare l'incapacità del padre, ma deve mostrare di essere lei stessa
competente. "Anche in questo caso, però, è doveroso registrare un
passo avanti", osserva Indira, "ancora nulla di sensazionale, ma
tanti piccoli successi. Come per esempio il fatto che stiamo vincendo
sempre più cause".
Secondo problema: la violenza tra le mura domestiche. Non vi sono
leggi che la condannino e, per sporgere denuncia, è indispensabile aver
subito un vero e proprio danno fisico, come minimo un braccio fratturato
La maggior parte delle associazioni femministe si pone,
innanzitutto, un semplice obbiettivo: far capire alle donne che hanno dei
diritti e che nessuno li può calpestare.
E infine,
l'ultimo bastione: l'eredità. Con un semplice testamento una moglie può
essere completamente diseredata dal coniuge. Se, in linea di principio,
esiste la possibilità che essa possa beneficiare dell'eredità dei
genitori insieme ai suoi fratelli, in pratica viene regolarmente
defraudata. "E questo perché lei non vive più nella famiglia di
origine", spiega Indira, "mentre i suoi fratelli continuano ad
abitare nella casa dei genitori e si dividono tutto". Per recuperare
la sua parte, deve allora rivolgersi alla giustizia. E, per quanto lunghe,
costose e particolarmente criticate, "le denunce aumentano sempre più",
osserva Indira Singh.
Le
più povere
Da
dieci anni sotto
la sigla di Jagory vengono raggruppate 70 associazioni di
donne nelle campagne.
Scopo: formare le ragazze sul posto affinché esse formino a loro volta
nuove militanti. Spiega Abha Bhaya, la fondatrice: "Abbiamo
selezionato 2000 villaggi sparsi in tutta l'India. Le militanti vengono
perlopiù scelte nelle caste basse, tra le donne più oppresse: nessuna
meglio di loro conosce ciò di cui parliamo. Le difficoltà e le
sofferenze di una donna, in India, variano molto a seconda che si sia
sposate piuttosto che nubili, o che si appartenga a una casta bassa
piuttosto che alta".
Nel
ceto medio, infatti, in Qui si possono fare arrivare alle donne libri e
volantini. il discorso portato avanti da Jagory viene accettato senza
grandi difficoltà. Ma per le analfabete occorre inventare altri metodi.
Le ragazze di Jagory, allora, arrivano nei villaggi con filin, poster,
musica. "Le facciamo ballare, recitare, affinché prendano
consapevolezza del proprio corpo. E poi parlano, confrontano le loro
esperienze. Quando cominciano
a realizzare che migliaia di altre donne vivono la stessa condizione vuoi
dire che abbiamo fatto il primo passo", continua Abha.
Come
tutti i movimenti femministi, Jagory vuoi rimanere fuori dal contesto dei
partiti politici, "per essere un gruppo che esercita pressioni,
indipendente e critico. Anche se si parla sempre più di un partito di
donne, in realtà nulla si è realizzato concretamente".
Ciò
non toglie che le militanti prendano d'assalto le strutture sociali,
specie nelle elezioni dei panchayat. "Molte nostre
militanti", conclude orgogliosa Abha Bhaya, "sono già state
elette presidentesse, e con la nuova legge speriamo di far muovere davvero
le cose".
Le
campagne
Il
75% della popolazione indiana vive nelle campagne. Ed il 61% delle donne
è analfabeta (contro il 36% degli uomini).
La
contraccezione
"La miglior contraccezione è 10
sviluppo": è lo slogan delle femministe indiane. In India, infatti,
il tasso di natalità continua a diminuire. Dal 51,3 per mille nel 1911,
si è arrivati ai 32,5% per mille nel 1991.
Che corrisponde a un incremento demografico annuo pari al 2%, uno
dei più bassi del terzo mondo.
Ma nei villaggi il problema demografico non è
minimamente sentito. Qui i bambini, specie se maschi, rappresentano
un'assicurazione sulla vecchiaia. Le figlie, infatti, una volta
"dotate", si sposano e vanno a vivere nella famiglia del marito,
mentre i figli restano a occuparsi dei genitori. E solo un figlio maschio
può occuparsi dei riti funebri. Anche se ora si vede qualche donna
assistere ai funerali (cosa d'altronde vietata).
"E di questo bisogna tener conto, prima di
affrontare l'argomento controllo delle nascite e aborto dei feti
femminili", avverte Neena Puri, responsabile della Pianificazione
familiare.
Lo stato di emergenza ha lasciato agli indiani un
ricordo disastroso: sei milioni e mezzo di sterilizzazioni forzate
inflitte agli uomini, che da allora non vogliono più sentir parlare di
contraccezione. Come risultato, la pressione mondiale per ridurre il tasso
di natalità ricade brutalmente sulle donne. Cosa che le femministe
rifiutano, ricordando a noi occidentali che ciò che per noi è un
sacrosanto diritto per loro è un obbligo odioso. Fra governo e
associazioni femministe nasce così un dialogo tra sordi. "Loro si
preoccupano innanzitutto della sovrappopolazione, noi dei diritti della
donna", insorge Neena Puri.
"Ci dicono che certe misure sono necessarie,
ma non tengono conto delle realtà femminili". Insomma il conflitto
nasce soprattutto sui metodi di contraccezione.
"Sì alla pillola e alla spirale, no alle
iniezioni di ormoni di cui si ignorano ancora le conseguenze
sull'organismo", riassume Ritu Menon. "E no anche alle
sterilizzazioni imposte". Mentre un programma governativo impone ai
medici di proporre sistematicamente la sterilizzazione a ogni donna che dà
alla luce il secondo figlio. E, secondo alcune militanti di associazioni
femminili, si approfitterebbe dell'anestesia generale cui vengono
sottoposte le donne che abortiscono, per sterilizzarle.
O ancora si ricorrerebbe al patteggiamento: "Vi facciamo
abortire se vi fate sterilizzare". Non è un mistero, inoltre, che le
donne vengano pagate per farsi sterilizzare e vane associazioni assicurano
che ci sono incentivi per i funzionari. "Persino i maestri
elementari. Ogni dieci donne che convincono alla sterilizzazione ricevono
un premio".
Oggi la struttura che si occupa della
pianificazione familiare è composta 1.700 dipendenti e quasi 4.000
volontari che girano l'India a bordo di furgoncini provvisti di video, con
un autista protezionista, un medico, un nutrizionista ed eventualmente
un'infermiera. "Si spiega che cos'è una spirale, un preservativo,
una pillola, come funzionano, come utilizzarli, dove procurarseli. Se
qualcuno vuole farsi sterilizzare, li indirizziamo in una clinica. Ma
senza esercitare pressioni, spiega Neena Puri.
Gli sforzi di questa struttura e i miliardi di
dollari divorati dai programmi di contraccezione hanno comunque dato dei
frutti. Oggi, il 45% delle coppie sposate utilizza un contraccettivo.
L'altro aspetto del problema è dato dall'aborto
dei feti femminili. Non si vedono più cartelloni pubblicitari che
strillano: "Meglio 500 rupie oggi (il prezzo di un'ecografia che
permette di conoscere il sesso del feto) che 5000 domani (l'ammontare di
una dote) ", ormai vietati, ma si trovano centri che praticano
l'ecografia in quasi tutte le piccole città. E famiglie intere sì
autotassano, quando non s'indebitano, per mandarvi una madre che ha già
messo al mondo delle femmine. "E' chiaro che noi siamo fermamente
contrarie", insiste Neena Puri, "ma anche in questo caso, il
problema è più difficile. Che cosa rispondere alla madre di sette figlie
incinta dell'ottava?".
I
bambini
Delhi. Dal suolo emerge un palazzo in costruzione.
In cantiere si lavora. Le donne, che in India costituiscono il 40% degli
operai, reggono sul capo cataste di mattoni. E, cosa strana per questo
Paese, nessun bambino che gioca nei paraggi. Sono tutti all'asilo Mobile,
associazione creata nel 1969 da Mira Maderian, attualmente diretta da
Brinda Singh. Che spiega: "Abbiamo un triplice scopo: impedire gli
incidenti, rassicurare le madri e aiutare i bambini. I più grandi
imparano a leggere, scrivere, contare. Ma all'inizio", ricorda,
"siamo state accolte malissimo. Ci voleva innanzitutto il consenso
del capo cantiere, il quale temeva che avremmo spinto le donne a
ribellarsi contro i salari e le condizioni di lavoro. Ma poi hanno capito
che avevano tutto da guadagnare: le donne, più tranquille, lavoravano
meglio e la produttività aumentava. E ora sono loro a rivolgersi a noi
Tutte
le famiglie di operai versano ogni mese la cifra simbolica di mezza rupia.
"Perché questo servizio è un loro diritto", spiega Brinda,
"e noi non facciamo la carità. Diamo solo una risposta concreta alle
esigenze degli uomini e delle donne che lavorano".
Certo, l'alfabetizzazione costituisce una delle chiavi di accesso allo sviluppo,
e dunque al cambiamento della condizione femminile. Eppure le donne
analfabete hanno dimostrato, a se stesse ma anche a tutto il Paese, di
poter lottare, se si organizzano. "Basta spiegare loro quali sono i
diritti e come esigerne l'applicazione", spiega Ritu Menon, ex
militante femminista e direttrice di Khali, la più famosa casa
editrice femminista di Delhi. Basti ricordare il Movimento anti-arrack
del1991.
L'arrack
è un whisky adulterato, preparato in campagna, che ha fatto la fortuna
dei produttori e rivenditori, e la disperazione delle donne che vedevano i
mariti rincasare ubriachi, senza un soldo, pronti a picchiarle e
violentarle. Questa attività illecita è andata avanti fino al giorno in
cui le donne dei vari villaggi hanno deciso di ribellarsi. E di
organizzarsi per bloccare la produzione e la vendita dell'arrack. A turno,
effettuavano delle spedizioni punitive: gruppi formati da trenta, quaranta
donne si presentavano ai rivenditori e minacciavano: "O chiudi o ti
picchiamo". E lo facevano davvero, oltre a saccheggiarli la bottega.
Le altre, rimaste nei campi, si dividevano la paga, badavano ai figli,
cucinavano. Erano circa 20.000, la rivolta è andata avanti per più di
dieci mesi. Poi la loro protesta si è rivolta contro i funzionari locali
che distribuivano le licenze, il governo, fino ad arrivare al primo
ministro dello Stato. Usando, come arma di ricatto, la scheda elettorale.
Risultato: il governo ha vietato produzione e vendita dell'arrack. Ma
"soprattutto", conclude Ritu Menon, "queste donne si sono
rese conto del loro potere".
Le
violenze sessuali
Una
vecchia legge punisce tutto quanto comprometta l'onore di una donna".
Ma viene applicata in rarissime occasioni. La Kaniika si batte anche
contro le violenze sessuali e tenta d'imporre una legge.
"Di
regola, una donna vittima di violenza o molestie sessuali dovrebbe
sporgere denuncia al commissariato. Ma si verificano così tanti atti di
violenza da parte delle forze dell'ordine che le donne preferiscono non
presentarsi . Non si contano più quelle che sono state stuprate venendo a
sporgere denuncia...", afferma Subhandra Butalia. L'unica alternativa
è allora chiedere aiuto a qualche associazione.
"Quando una donna si
rivolge a noi", continua Subhandra, "provvediamo a mandare delle
volontarie a parlare con il suo aggressore (che è in genere una persona
conosciuta, spesso un suo superiore). Talvolta costui sì spaventa e
smette. In caso contrario, facciamo appello al ministero dello Sviluppo
della Donne. Esiste
un'apposita commissione che si occupa di questi problemi e, se s’insiste
abbastanza, è possibile contare sul suo intervento, specie se l'accusato
è un funzionario pubblico". Subhandra ricorda, in particolare, una
donna molestata sul capo. "Siamo andati a trovarlo, ha negato in
tutti i modi. Il ministero è poi subentrato a noi, ottenendo non solo il
rinvio a giudizio di quest'uomo, ma anche l'iscrizione dell'accaduto sulla
scheda riservata che accompagna ogni funzionario"Le donne che scelgono di ottenere giustizia in
un'aula di tribunale sanno che dovranno affrontare processi lunghi,
costosi e dolorosi. Perché, come del resto accade nel resto del mondo,
quando si tratta di stupro spesso il processo si ritorce contro la stessa
vittima che deve dimostrare di non aver provocato né di essere stata
consenziente.
L'Aids
Lungo i viali di Delhi pochi manifesti mostrano una coppia abbracciata
e sulle loro teste lo slogan: "Use condom for safe sex" (Usate
il preservativo per il sesso sicuro). Pare che in India, infatti, vi siano
30 milioni di sieropositivi ma, nonostante questa cifra esorbitante, il
governo non considera l'Aids un grave pericolo.
"L'uso del preservativo è estremamente
difficile da imporre", spiega Prabeen Singà, un tempo militante in
varie associazioni femministe e attualmente consulente per una commissione
interministeriale nonché dì diverse Ong (organizzazioni non
governative), 'solo' il 4-5 per cento degli uomini lo usa. Eppure sono
loro i principali veicoli del virus: le donne, infatti, non lasciano mai
il loro villaggio, mentre gli uomini vanno a lavorare in città dove hanno
rapporti con altre donne. La maggior parte delle sieropositive è
infettata dal proprio coniuge".
Una moglie, inoltre, non può pretendere il
preservativo, perché è come ammettere il tradimento del marito. "E
non si può ignorare un elemento essenziale della psicologia delle
indiane", spiega Prabeen. "L'unico potere che possono esercitare
sui mariti è quello del sospetto. Paradossalmente, allora, chiedere al
coniuge di usare il preservativo sarebbe come smettere di sospettare e
accettare il suo tradimento".
Prabeen,
inoltre, rifiuta l'idea che debbano essere solo le donne a sobbarcarsi la
responsabilità della lotta all'Aids. "Bisogna assolutamente
mobilitare i media, le associazioni, gli uomini per far sì che lo Stato
reagisca". Intanto lei attraversa tutta l'India e, di conferenza in
seminario, porta avanti la sua battaglia.
Oggi
a Delhi esistono 52 asili che ospitano circa 100 bambini a testa,
ed è inutile dire che sono pochi. Secondo la legge, infatti, quando 20
donne lavorano in un cantiere, deve esserci una struttura per i bambini.
Allora si preferisce organizzare squadre composte da 19 donne Ma Brinda
Singii non si perde d'animo: "Le ragazze che da piccole erano nei
nostri asili, continuano a lavorare con noi. Anche se è un lavoro
faticoso e mal retribuito".
Ogni
bambino costa 1500 rupie (100.000 lire) al mese. Per gli oltre 5000
bambini ospitati in questo genere di asili ci sono 400 dipendenti, di cui
il 95% è composto da donne. I costruttori finanziano un terzo delle spese
del proprio asilo, il resto viene coperto dal Comune, dallo Stato e da
elargizioni volontarie.
Le
ecologiste
"L'ecologia
è una tradizione indiana. E una realtà femminista". Vandana
Shiva, imponente dietro la sua
scrivania, è la nuova star indiana
del movimento di liberazione
della donna. Sostiene: "Dal momento che la donna e la natura sono
state entrambe colonizzate, la vera ecologia può essere solo
femminista".
Dopo
gli studi scientifici, si è specializzata in ecologia. "Per aiutare
le donne nella vita quotidiana, afferma. "Il 60% degli agricoltori è
costituito da donne. Questi problemi le toccano da vicino. Non solo perché
sono loro che vanno a cercare l'acqua, la legna, ma anche perché scelgono
le sementi, conservano le granaglie, selezionano la specie".
E
infatti, in India, le donne che vivono nei villaggi lottano aspramente.
Contro le deforestazioni legandosi agli alberi, contro l'insediamento di
nuove industrie inquinanti accampandosi nei cantieri. Se la polizia le
allontana, tornano ancora più numerose.
"Tutti
questi movimenti sono spontanei e si espandono a macchia d'olio", ci
spiega Vandana Shiva. "il problema dei rifiuti tossici le coinvolge
in prima persona. Sulla costa orientale hanno bloccato la costruzione di
una fabbrica per il trattamento di gamberetti. La terra è la loro vita
quotidiana e la difendono con le unghie".
|
|