Gina
Labriola
NARRATRICE DI STORIE E DI COLORI
di Eleonora Bellini
http://ginalabriola.tripod.com
Dall’ottavo
piano di un palazzo parigino si vede,
incorniciata in basso dal rosso dei gerani e
in alto dal cielo “blu di Francia”, la
cupola del Sacro Cuore sopra la collina di
Montmartre. La veduta, come un quadro
impressionista, cambia colore nelle diverse
ore del giorno, sfuma nella notte: come
potrebbe non ispirare qualcosa di bello? E
infatti molte cose belle ispira alla
fortunata abitante di quell’alloggio, la
scrittrice ed artista Gina Labriola.
Italiana, nata a Chiaromonte in provincia di
Potenza, Gina Labriola, laureata in lettere
classiche, ha trascorso undici anni in Iran,
lavorando presso l’Istituto Italiano di
Cultura di Teheran e, come lettrice, presso
l’Università di della capitale persiana. E’
vissuta poi in Spagna, a Barcellona, e ha
insegnato Lingua e Letteratura italiana
presso l’Università di Rennes, in Bretagna.
Si è trasferita, infine, a Parigi dove
ancora vive per gran parte dell’anno. La sua
attività letteraria spazia dalla narrativa
alla poesia, dalla saggistica alla pittura
su seta (ha tenuto diverse mostre sia in
Italia che all’estero).
Le sue opere
sono state tradotte in diverse lingue. Tra
le tante ricordiamo qui: Il diavolo nel
presepe, Ed. Interlinea, 1999; Storie della
Pignatta, Ed. Il Grappolo, Salerno 2001;
Storie del Samovàr. Un romanzo al tempo
dello Sciah Pahlavì: da Maometto a Khomeini,
Ed. Il Capitello 2002; Sette Profili. Poeti
contemporanei italiani, 1970, Editore
Franklin, Teheran: Iran, quasi un amore
Poesia persiana Edisud, 1990; Dal Sinni alla
Senna. Saggio su Isabella Morra, Ed. Osanna,
1991; L’aube est toujours nouvelle, Ed.
Maison de la Poésie, 1994.
Una scrittrice e una donna dall’esperienza
internazionale, dunque, profondamente legata
alle sue quattro “patrie” e tuttavia con
saldi legami nella sua terra d’origine, la
Lucania, che non manca di raggiungere, per
qualche tempo ogni anno:
“Su di un
monte pelato,
quattro case, e il castello in cima.
I merli ritagliati nel cartone:
il castello d’Erode nel presepe.
Quattro case, abbandonate
dal tempo dei briganti,
abitate solamente
dai fantasmi e dall’amore.
Io sono nata da una vecchia canzone,
forse del millenovecentodieci.
si ripeteva da trent’anni,
e si ripete ancora [...]”
recita una sua
poesia non priva di ironia, come tutte le
sue opere.
Scrive Rosanna Costantino nella sua tesi di
laurea: “I critici lucani, primo tra
tutti Raffaele Nigro, insistono per ovvie
ragioni campanilistiche sulla lucanità della
poetessa Gina Labriola che nessuno, tanto
meno lei stessa, può negare, ma è un
giudizio quanto mai restrittivo e che non fa
onore alla Lucania stessa. La “lucanità”
consisterebbe nel pessimismo, nel fatalismo
e nell’umor nero, cose tutte che, se
affiorano - anche spesso - nella sua
produzione sono sempre superate attraverso
l’ironia, e comunque combattute. Claudio
Marabini parla di “arguzia”. Fattore
assolutamente positivo è la trasposizione
dei ricordi, dei sentimenti, delle
sensazioni primigenie in un afflato
universale e in ambiente cosmopolita”.
E cosmopolita è l’ultima fatica letteraria
della nostra autrice, L’amor che punge.
Storie dal Sinni al Finistère, titolo
provvisorio di un romanzo pronto per la
pubblicazione, che si svolge nel reale e nel
surreale delle sue “quattro patrie”. Vi si
intrecciano ricordi e passioni, storie ed
invenzioni; i fatti vi si mescolano ai
sogni, i sogni alle favole ed ai miti.
Perché Gina Labriola è davvero una
narratrice [un’altra tesi di laurea sulla
nostra autrice, discussa da Filomena
Amendolara presso l’università di Bologna -
relatrice la prof.sa Emma Beseghi –, non ha
caso ha per titolo: I racconti del Samovàr.
Il narratore di fiabe da Basile a Gina
Labriola tra tradizione e innovazioni] che
non si smetterebbe mai di ascoltare, sia
quando racconta a voce sia quando mette le
sue storie su carta (sul computer, in
verità), tanto che perfino i comignoli dei
tetti di Parigi allungano il collo e si
affacciano alla finestra del suo studio per
non perdersi nemmeno una parola.
Eleonora
Bellini