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Tra i libri più letti al mondo
sicuramente c’è il romanzo di Alexandre Dumas padre, "Il conte di Montecristo" che, per merito anche delle innumerevoli trasposizioni
cinematografiche e televisive, continua a riscuotere successo e mantiene
intatti il suo fascino e la sua popolarità, tanto che ancora oggi i
lettori, e gli spettatori, si emozionano e si commuovono alle vicende di
Edmond Dantès e di Mercedes, e condannano la perfidia di Danglars e la
viltà di Mondego, nelle varie avventure che si snodano in questo libro
avvincente e fantasioso.
Agli occhi di chi contempla la città di
Marsiglia e il suo porto, dall’alto di Nostra Signora della Guardia, si
presenta sulla sinistra un isolotto accidentato, dall’area di poche
centinaia di metri: è l’isolotto d’If, su cui sorgono gli avanzi del
castello-fortezza che, in passato, costituì una delle difese dell’illustre
città; nel Conte di Montecristo quel castello ha una parte importante,
perché è nelle sue tetre prigioni che si svolge l’azione del romanzo.
Il personaggio principale è Edmond
Dantès, un giovane ufficiale di marina mercantile, leale e generoso che,
durante un viaggio del veliero su cui è imbarcato, giunge all’isola d’Elba
dov’è relegato Napoleone; a Edmond viene affidata una lettera da
consegnare ai bonapartisti marsigliesi ma due uomini, invidiosi del
giovane ufficiale, complottano contro di lui e lo denunciano come
cospiratore di Napoleone.
I due uomini sono Danglars, segretario
dell’armatore marittimo presso cui lavora Edmond, e Mondego, innamorato
di Mercedes, la fidanzata di Edmond. Un terzo individuo, il sarto
Caderousse, assiste senza protestare all’infamia che costoro commettono
scrivendo una lettera anonima per denunciare il loro amico e rivale. E
così, mentre Edmond felice sta per coronare il suo sogno d’amore, nel
giorno delle nozze con Mercedes, viene arrestato e tradotto in una cella
sotterranea del castello d’If, dove trascorrerà quattordici anni, prima
disperandosi, poi rassegnandosi a poco a poco alla sua sorte.
Edmond è dunque solo, in una cella
sotterranea, ma un giorno la sua solitudine termina perché nella sua
cella sbuca l’Abate Farìa, un vecchio prigioniero che ha scavato per
anni un cunicolo nel tentativo di fuggire e che, per un errore di calcolo,
è finito in un’altra segreta. Da lui, dotato di una straordinaria
cultura, il giovane apprenderà molti insegnamenti e, alla sua morte,
riuscirà ad evadere sostituendosi al suo cadavere nel sacco destinato
come bara da lanciare in mare.
Una volta in mare Edmond si libera e
riesce ad arrivare all’isola disabitata di Montecristo, dov’è
nascosto un tesoro della cui esistenza gli aveva parlato proprio l’Abate
Farìa.
Poco tempo dopo a Parigi fa la sua
apparizione il Conte di Montecristo, che altri non è che Edmond Dantès
il quale, attraverso un’incredibile serie di vicende, colpi di scena e
travestimenti , riuscirà a placare quella sete di vendetta che per anni
ha tormentato il suo cuore, punendo inesorabilmente coloro che hanno
rovinato la sua vita e che ora vivono un’esistenza di sfarzo e di onori,
ma anche dimostrandosi generoso con quelli che sono rimasti vittime delle
stesse trame meschine ordite ai suoi danni.
Danglars, ora banchiere, sarà il primo ad
espiare le sue colpe verso Dantès: catturato da una banda di briganti,
dovrà spogliarsi di tutto ciò che gli rimane per ottenere la libertà;
il giudice Villefort sarà rovinato da Dantès agevolando un delitto di
sua moglie, che finirà col togliersi la vita insieme al figlio; Morcerf
verrà accusato di tradimento davanti al Senato, per aver ignobilmente
tradito Alì, pascià di Janina, da lui venduto ai Turchi, indicato al
pubblico disprezzo proprio dalla figlia del pascià, Haydèe.
Infine Dantès salperà alla volta dell’Oriente,
lasciandosi alle spalle la terra su cui tante vendette saranno state state
portate a termine, avviandosi verso una nuova esistenza di serenità ed
amore in compagnia di Haydée, che egli stesso ha salvato dalla
schiavitù, e che lo ama teneramente.
"Il conte di Montecristo" è l’epopea
della vendetta, una vendetta implacabile, meditata per lunghi anni,
aiutata dalla scoperta di un favoloso tesoro, organizzata con una
freddezza ed un’abilità infernali. Forse Edmond Dantès non sarebbe
stato così inesorabile se Danglars, Morcerf e Villefort avessero colpito
soltanto lui, ma quegli uomini hanno provocato la rovina di suo padre, ne
hanno affrettato la fine nella miseria, e il figlio non sa, né vuole
perdonare coloro che scelsero come prima vittima della loro malvagità il
vecchio Dantès.
Pubblicato in piena epoca romantica, nel
1844, questo romanzo, che è frutto proprio del romanticismo, non poteva non
trovare un enorme successo, che dura ancora oggi; i lettori di tutto il
mondo continuano, infatti, ad appassionarsi a quei personaggi che sono
diventati il simbolo di altrettanti destini: Edmond il vendicatore,
Danglars l’invidioso, Mondego-Morcerf il traditore, Villefort l’ambizioso,
Mercedes la donna che si lascia travolgere dagli avvenimenti a causa della
sua debolezza e fragilità. Un libro che spazia dai complotti
bonapartisti e dai Cento Giorni alla Restaurazione; dalla disperata
solitudine nel sotterraneo del castello –prigione d’If alla dotta
compagnia dell’abate Farìa; dalla selvaggia bellezza dell’isola di
Montecristo allo sfarzo della grande società parigina; dalla chiassosa
Roma carnevalesca del 1830 alla solennità del Senato Francese adunato per
giudicare un suo membro, il generale conte di Morcerf.
Attraverso l’intreccio delle vicende,
animato da numerosissimi personaggi, il romanzo non concede mai un momento
di tregua al lettore, perché i colpi di scena si susseguono in un
carosello continuo che, se da un lato un poco sbalordiscono, dall’altro
rivelano la potente fantasia dello scrittore, benvoluto al suo tempo e
ancora oggi molto amato, sia in Francia, sia all’estero, che, oltre a
quest’opera, ci ha lasciato tanti altri romanzi densi d’intreccio e
ricchi di figure interessanti in ogni loro pagina.
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