Francesca Santucci

 

Il castello di Ludwig

 

 

 

In sogno l’ho ideata; la mia volontà l’ha posta in essere. Forte e bella si erge, una fortezza fiera e senza rivali (L’oro del Reno, Richard Wagner).
Potrebbe essere stata tranquillamente pronunciata dal re Ludwig II di Baviera questa frase, allorché riuscì a varcare la soglia del romantico castello di Neuschwanstein, la cui prima pietra fu posta il 5 settembre del 1869, ma che era sua intenzione far restaurare fin dal 1868, fatto edificare sul preesistente maniero di Hohenschwangau.
Ho intenzione di ricostruire le antiche rovine di Hohenschwangau, vicino alla cascata di Pöllat, nel puro stile dei cavalieri teutonici, e Vi devo confessare che sono molto emozionato all’idea di poter andare a vivere là fra tre anni. Vi saranno molte camere per gli ospiti, confortevoli e accoglienti, da cui si godrà di una vista meravigliosa sul magnifico Säuling, i monti del Tirolo e le pianure in lontananza. Il posto è uno dei più belli che si possano immaginare, inviolato ed inaccessibile, un tempio degno dell’Amico divino attraverso il quale soltanto può fiorire la salvezza e la vera benedizione del mondo. Vi saranno reminiscenze di Tannhauser…e di Lohengrin…Gli dei oltraggiati si vendicheranno sempre e cercheranno rifugio con noi sulle nobili vette della montagna, accarezzati dal soffio delle brezze celesti.
L’antico edificio era stato acquistato da Massimiliano II, suo padre, e adattato come residenza estiva; da bambino Ludwig trascorreva lunghi periodi tra quelle stanze che definiva il suo “paradiso in terra”, ma anche da adulto tornò a soggiornarvi spesso, soprattutto quando ruppe il fidanzamento con la principessa Sofìa, sorella di Sissi, ed è proprio tra queste mura che confidò malinconicamente alle pagine la sua infelicità scrivendo:
Tutto è così tranquillo qui, questo silenzio è così stimolante, mentre nel rumore del mondo io sono tanto infelice.
Collocato in una regione isolata, tra le Alpi bavaresi, vicino al paese di Füssen e al lago di Forggensee, sferzato d’inverno dai gelidi fiati del “blizzard”, il vento di montagna, il castello sorge a quasi mille metri d’altezza, su una cresta rocciosa che domina le orride gole del torrente Pöllat, fra solitari boschi di abeti, in prossimità di una cascata che compie un fantastico salto di 45 metri.
Sotto il ripido pendìo scintillano le acque azzurre dell’Alpensee e di altri laghetti, intorno s’innalzano i duemila metri del maestoso Säuling e i gruppi montuosi del Tirolo.
Questo luogo, sacro e inavvicinabile, è fra i più belli del mondo: così scriveva Ludwig del luogo, che tanto amava perché, oltre a ricordargli l’infanzia, era “santo e inaccessibile” come il castello in cui si rifugiava il suo eroe, Lohengrin, nella finzione del dramma omonimo.
Fu dunque il 13 maggio del 1868 che il re annunciò la decisione di far restaurare la rovina di Hohenschwangau nello stile dei castelli cavallereschi medievali, sostenuto dal ricordo dell’infanzia felice che vi aveva trascorso e forte della sua ossessione di usare l’architettura come una scenografia di quelle saghe nordiche che tanto lo appassionavano, e che il suo amico inseparabile, Richard Wagner, trasponeva superbamente in musica.
Inizialmente l’antico castello doveva essere restaurato in stile tardogotico, poi però si abbandonò l’idea originaria del restauro e si pensò di edificarne uno nuovo, monumentale, che fosse simbolo tangibile della Germania romantica, perciò, per guadagnare spazio, vennero fatte saltare alcune vecchie rovine e si ricavò nella roccia un cono profondo otto metri che accolse le fondamenta del nuovo castello.
Alla cerimonia della posa della prima pietra il re era assente, e diciassette anni dopo, alla sua morte, i lavori ancora non erano finiti, nel 1891, poi, al castello venne addirittura cambiato anche il nome che divenne appunto Neuschwanstein, “nuova pietra del cigno”.
Sospeso fra cielo e terra oltre il ponte di Marienbrücke, appare come una massa compatta di bianca arenaria, interrotta solo a tratti dalla pietra grigiastra e da quella ocra, insieme fortezza da saga epica e castello delle favole, ed infatti Walt Disney vi s’ispirò per il castello della sua Bella addormentata. Fra merli,guglie, feritoie e piombatoi si alzano le torri cilindriche e ottagonali; il Ritterhaus, la casa dei cavalieri, con un torrione quadrato di 65 metri e balconi sovrapposti; la Torbau, l’edificio d’ingresso, con due cortili, a due piani, che si collega al palazzo attraverso una galleria a doppia fila di finestre; la Kemenate, che riproduce gli spazi che le antiche fortezze tedesche riservavano alle donne.
Gli interni, con decorazioni ispirate proprio al Lohengrin e al Tannhauser, e di cui si occupò direttamente lo scenografo del Teatro Reale di Monaco, per espresso desiderio del re sono romanici, eccezion fatta per la cappella e la camera di letto in stile tardogotico, con affreschi murali e tele riproducenti soggetti ispirati ai miti nordici, come il ciclo di Tristano e Isotta, la saga dei Nibelunghi, le vite dei Minnesanger ,le avventure di Sigfrido (nel quale il re si rispecchiava), soggetti sacri e il cigno del Lohengrin, simbolo preferito per eccellenza.
La cucina del castello, con la volta sostenuta da pilastri in granito, dotata di condutture per l’acqua calda e la fredda, e di uno spiedo girevole azionato ad aria, era all’avanguardia per l’epoca, e il fumo della stufa, incanalato, serviva anche a riscaldare le stoviglie.
La camera da letto è un piccolo gioiello: il letto a baldacchino somiglia ad un merletto in quercia intarsiata, con tappezzerie e tende in seta blu, ai piedi del letto preziosi intagli raffigurano la resurrezione di Cristo e alludono alla relazione simbolica tra il sonno e la morte e al tema della purificazione e della redenzione, così drammaticamente sentito da Ludwig continuamente scisso tra amore intellettuale e amore sensuale. Eppure il re abitò poco questa camera, preferendo trascorrere la notte in perfetta solitudine sui monti, spingendo fino all’alba la sua slitta dorata a forma di gondola trainata da quattro cavalli bianchi, oppure rifugiandosi nella grotta artificiale dove amava fantasticare sulla leggenda nordica di Tannhaüser.
La sala del Trono, poi, è l’apoteosi del delirio estetico di Ludwig; costruita in stile bizantino, con gran profusione di marmi di Carrara, decorazioni in stucco e pavimento di 20 metri a mosaico, manca proprio del trono che qui non fu mai installato.
Arrestato con l’accusa di indegnità, pretesto a cui si appigliarono i suoi ministri corrotti per eliminarlo dalla scena politica, dichiarato insano di mente, Ludwig fu portato via da Neuschwanstein e condotto in un piccolo maniero sul lago di Starnberg dove morì, qualche giorno dopo, il 13 giugno 1886,annegato in circostanze misteriose.

Sissi che aveva avuto con il cugino Ludwig un rapporto d'intensa amicizia, divenuta problematica solo negli ultimi anni, con scambio di poesie, omaggi floreali e assidui incontri, alla sua morte trasfigurò l'amicizia in amore spirituale, indossò il lutto per mesi e nel suo diario lo ricordò in molte poesie, tra cui questa, scritta proprio nel giorno della morte:

Oh potess ' io cogliere le rose

e il bianco profumato gelsomino

che tutt 'attorno la primavera ha creato

per inghirlandarne giugno!

Vorrei elevarne un alto cumulo

sull'aquila dormiente

per soffocare l'infierire e l'avventarsi

dello stormo selvaggio e strepitante dei corvi.

Intrecciata di rose profumate

una corona d'inebriante profumo,

'ho recata con trepido amore

fin giù nella cripta tenebrosa.

Lì mi son congedata da te

e ho infine lievemente premuto,

re mio indimenticabile,

un bacio sulla tua bara.

(13 giugno 1886)


Per annettere la Baviera, e creare così la grande Germania, bisognava allontanare questo re che non amava la politica e che si appassionava solo all’arte, quest’uomo romantico e sognatore, che rifuggiva la realtà e si rifugiava nel mito.
E così Ludwig non vide mai concluso il suo “paradiso in terra”, quel castello da favola che tanto aveva amato e che, ancora oggi, è il monumento maggiormente visitato in Germania.